Cadea la ricorrenza del padre fondatore, il mite e saggio Anselmo

Nel grande calendario dei vecchi gatti beati

Se ne tessean le laudi, si cantava da ore.

Con giochi, lazzi e danze i cuori erano lieti

E ancor di più le panze dei pii gatti preti.

Amava intrattenere Mommy la badessa, i gattini di casa ma senza creare ressa.

Poscia organizzava regali e cotillons per i micetti buoni  e per gli altri un po’ coion…

Con un antico gioco di medieval costume che ancora si ricorda come l’Acchiappapiume

Ea si disponea con grazia ed eleganza, sopra il seminterrato, grattandosi la panza

E da qui lei gettava con sorriso gentile le piume d’un cuscino ai gatti del cortile.

Quei pargoli forniti ciascuno d’un bicchiere acchiappavan le piume che planavan leggere.

…..e se un colpo di vento le portava lontano le rincorrevan lesti con fare un po’ gitano.

Ameno era il cimento e qualche partecipante nella foga del gioco perdeva le mutande.

Così nella badia e giù lungo la via risuonavano liete argentine risate

Parolacce volgari e… persino pedate.

Poi verso mezzogiorno, Bimba la campanara dimenando la coda come un bel campanile

Avvertiva che il desco era pronto in cortile

Avea preso il brevetto di “campanara in seconda” un po’ per corrispondenza

Studiando a notte fonda sulla vecchia credenza, solerte e assai gioconda.

Essendo il campanaro  Martino ormai in pensione era stata essa scelta su raccomandazione.

Facea la graziosa pratica con un tegame dandolo sulla testa a qualche gatto infame.

Di colorito bruno, bella, poco operosa

Da tutti era chiamata “la donzella lagnosa”.

Nel primo pomeriggio s’attendeva un evento, le gatte majorettes e la banda del convento

Per festeggiare il Mite, quel gatto nero e santo al quale ogni cor volge con immenso rimpianto.

Rosetta, la pupetta, che tiene lo spartito con l’altra zampa regge  due trote e un beccafico.

Al trombone l’Opossum, in verità stonato soffia da far paura che pare un forsennato.

Ma il giocondo pomeriggio autunnale era minacciato  dall’ombra di un gattaccio scellerato.

Un malo felino da lungi li osservava e come guastar la festa organizzava.

Pusillanime e reo senza padre ne madre di cactus avea la coda e lo sguardo di brace.

Poldo era conosciuto come gatto spennato, da sempre si dicea di Mommy innamorato.

Di princìpi non proprio vittoriani, rubava nelle fiere addentando i salami.

Le frequentava tutte di destra e di sinistra e da tutte attingeva con zampa fiera e lesta.

Di quella  gatta integerrima tenea esso un ritratto, conservato in cantina con la coda di un ratto.

Si nasconde così quel reo dietro la grancassa mentre la banda intona  un bel ritmo di “salsa”.

E fra una “rumba” e una “bachata”, l’infingardo si ritrova sopra la scalinata.

Intanto Mommy l’ignara, con gli infanti contenti e lieti, tenea girotondo con quattro gatti preti.

Ambrosio il fraticello presto però s’avvide che dietro la grancassa

Una coda spennata rendea la melodia gracchiante e un po’ stonata.

E immantinente dato l’allarme svegliò la campanara che s’era appisolata davanti  alla grigliata.

S’aggrappa l’eroina al campanile ancora mezzo assopita urlando a squarciagola:

“O la coda o la vita!!!!!!!!!!!!!!”

Il bronzeo batacchio comincia a rimbombare che il rintocco si ode anche e fin oltre il mare.

Il furbo Leopoldo che la voce avea bella si finge tenore e sulla gerla intona “La danza delle ore”

Era anche capitato in un  recente passato che dentro il pollaio  Aveva Mommy trovato

Sopra un vecchio saio qualche pelo grigio e una forma gattesca alquanto pittoresca

E aveva immaginato qualche apparizione di anima dannata per crear tentazione.

Ma non potea supporre la badessa che il vile  lì trovansi in carne e ossa…!

Avea esso l’ardire d’intonare stornelli alla di lei porta in tipo romanesco

Del tipo “Che ci frega e anche che c’importa”

La mala creatura, rea d’ogni iattura,  amava abbindolare gatte di malaffare

Con proposte di Bingo e vacanze sul mare

Ma non inganna Mommy che urla inviperita contro lo pernicioso dalla coda spinata.

Furono botte e furono occhi neri, furono Parole e furono Pensieri

E la banda intanto intona anche l’Inno dei bersaglieri.

L’intraprendente gatto con coppola e calzoni in stile un po’ tortuga

Con zampa assai graziosa salta sul basso tuba che esplode in un boato assai orripilante

Disturbando il riposo della sorella Piffy che s’alza strepitante.

Fra urla , lazzi e risa la rissa fu fragrante di rancori sopiti e a tratti… persino commovente.

Anche Punkia il sagrestano pensò davvero bene

Di andare un po’ a sbirciare e di dare una mano

In caso che qualcuno preso da mal di panza necessità avesse di ritirarsi in stanza

Nel “recessum cubiculum” acconciato all’occasione per qualche pellegrino un po’ puzzone

A lungo si discusse, volarono sganassi, si sedarono risse.

Poldo onde espiare, fu condannato nell’ordine a cantare:

“Munasteru e’ Santa Chiara”

“Fratelli d’Italia”

“Una rotonda sul mare”

E come bis concesse “Io tu e le rose” per la madre badessa e per le gatte lagnose.

 

La festa patronale si concluse a notte fonda

Mentre i topi ridevan sul canale di gronda.

Dopo i fuochi d’artificio e del mattino l’Ufficio

Ognun col cor leggero e anche la panza

Si ritirò beato nella sua propria stanza

Perché col canto e la penitenza

Quell’anima dannata la strada del perdono avea ritrovata.

Adesso del convento è fratello portiere

Tiene lontani i cani, recita le preghiere.

E se per qualche negligenza ruba un tonno dalla credenza

Con la zampa sul cuore è costretto a cantare

“Io tu e le rose”… per le gatte belle e per quelle lagnose…

e “Core ingrato” e un “Carmina Burana” alla vecchia badessa

che lo applaude in sottana.

 

Maria

28-10-2004

 

Ad Anselmo che per tutti i giorni della mia vita continuerà a zampettare sul mio cuore