Racconto d’inverno

ovverosia

da un antico manoscritto del XII secolo ritrovato nel monastero di San Calambrogio o forse San Pancrazio? Beh! comunque fa lo stesso

Ai tempi del tempo che fu e che forse non c'è più, sulle colline di Scozia, nel paese di Ciaramellak, fra il muschio, la brughiera e qualche pianta grassa dimenticata da un pellegrino del sud, si ergeva ridente e ammiccante un magnifico castello.
Era esso così composto:
256 grandi stanze (sale, saloni salette, ripostigli, angolo per gli scacchi e lavanderia);
4 cucine di cui due con retrocucina e tinello;
un'infinità di balconi, veroni e terrazze dalle quali si potevano ammirare le Highlands (e se eri fortunato anche Cristopher Lambert);
2 porcilaie;
1 canile con gattile attiguo;
1 acquario a temperatura controllata;
piante di tutti i tipi;
2 sottovasi cinesi perché fanno bon ton;
e infine un piccolo bagno con doccia per le urgenze degli abitanti, perché non si può mai sapere con quello che ci rifilano nei fast food…
Gatta cuoca La leggiadra padrona di tanta maestà e di cui tuttora si ignora il nome di battesimo era chiamata la Signora dei Gatti.
Questo appellativo nasceva dalla immensa passione che la soave Signora nutriva per i piccoli felini, domestici e randagi che con tanta grazia popolavano, solenni e maestosi i suoi territori.
Erano gatti di tutti i colori e di tutti i sapori; gialli, neri, azzurri, a righe, in pigiama e con le ghette.
Qualcuno, reduce da gloriose imprese vivacchiava orbato di qualche accessorio ma la Signora li amava tutti indistintamente e di tutti conosceva il nome e il codice fiscale.
La sera, prima che il ponte levatoio si alzasse, li chiamava per nome facendo l'appello.
Agli assenti, l'indomani toglieva la merenda.
Dopo cena, una suonatina d'arpa e la preghiera della buonanotte, tutti si ritiravano nei loro alloggi.
Ai piedi del letto della Signora, al posto d'onore, in una piccola cesta natalizia aromatizzata d'erba gatta fresca, dormiva la vecchia Spelacchia la Racchia, una maestosa felina bianca con una macchia nera in fronte di cui nessuno si ricordava l'età ne la provenienza.
Essa da sola con la collaborazione di qualche gatto guerriero di passaggio o del vecchio soriano detto l'Aedo, per la sua mania, ogni sera di recitare sonetti, da sola aveva praticamente popolato il castello con la sua austera e baldanzosa progenie.
E così nella vecchia magione la sera scendeva nella pace più assoluta.
Anche il vetusto rubinetto del piccolo bagno, nel silenzio taceva, per educazione e rispetto di tanto quieto ronfare.
Sir Micio Ma si sa… la storia è imprevedibile e qualcosa accadde, destinato a lasciare il segno come un'impronta indelebile nella memoria poetica delle genti.
Come un pugno nello stomaco, anzi come una pedata sul di dietro.
Un furto di scarpe. Una clamorosa rissa per un paio di vecchi scarponi.
E si! Bisogna sapere, ad onor della storia che tanto insegna e della quale troppo spesso ci si dimentica, bisogna proprio sapere che da molti mesi nella contea di Ciaramellak e in tutto il territorio nazionale era in corso uno sciopero, proclamato dal sindacato dei ciabattini.
Una controversa proposta di legge dell'allora saggio e giusto governo aveva escogitato una manovra economica per cui si poteva accedere alla pensione solo a 101 anni e 6 mesi.
Qualche onesto lavoratore dalla salute cagionevole trovò la questione piuttosto opinabile e da lì allo sciopero il passo fu breve.
L'inizio dell'insidioso contendere vide la luce pressappoco così.
Principini Due giovani e valorosi cavalieri erano avvezzi di tanto in tanto, a fare un bel bagno nel fiumiciattolo che separava Ciaramellak dalla Città Senza Nome (anche perché francamente l'ho dimenticato).
Cantavano inni di gloria e d'amore e ogni tanto volava qualche barzelletta oscena.
I due amici, seppure di origine e di paesi diversi, scalzi ormai come tutti, fra un tuffo e un canto patriottico tipo “cogli la prima mela, cogli la prima mela amor…” un mattino mentre lucidavano le rispettive armature, adocchiarono quasi contemporaneamente (ma la movida in seguito chiarì la questione) un paio di vecchi stivali, modello alpino.
Sembravano messi lì apposta, dietro la sacra quercia, logori senza tacco, tutti aperti che sembrava sghignazzassero, senza lacci.
Insomma una libidine.
Ai cavalieri brillarono gli occhi di cupidigia.
“Scarpe, scarpe” salì rauco il grido dalle gole arse di desiderio.
E giù a chi li arraffa prima.
A parte il fatto che volarono botte da orbi e villanie di ogni genere, la cosa pietosa fu che ad uno toccò lo stivale destro e all'altro lo stivale sinistro.
Meglio di niente, direte voi e su questo sono d'accordo anch'io.
Ma il problema era spinoso, la soluzione non si trovava.
I due cavalieri in nome della vecchia amicizia e desiderando che la vergognosa contesa si ricomponesse al più presto, anche perché si era fatta ora di cena, decisero in piena serenità d'animo e in perfetto accordo che era meglio per tutti dichiarare una dignitosa guerra a nome dei propri paesi.
Si trovarono d'intesa e si strinsero la mano complimentandosi ognuno per i natali dell'altro.
Poi si allontanarono, ognuno con uno stivale al piede e fecero ritorno alle rispettive città per organizzarsi.
La notizia della dichiarazione di guerra fu accolta con un certo velato entusiasmo.
Bisogna d'altra parte capire: erano tempi bui, sempre in pace, non accadeva mai nulla.
A parte qualche sporadica pestilenza che colpiva solo i mosconi o qualche sporadico caso di febbre tifoide con complicanze all'alluce o qualche rapimento di onorata pulzella concordato con la TV locale per fare salire l'audience, non accadeva mai nulla, anzi per dirla tutta, un bel nulla di nulla.
In men che non si dica il conflitto esplose in tutta la sua virulenza.
Dalle finestre volarono pittoreschi vecchi soprammobili. Qualcuno ne approfittò per sbarazzarsi finalmente dell'orrendo servizio da the della zia. Furono scagliati insulti e pane raffermo.
Vasi da notte vennero svuotati sulle teste dei nemici.
Un lanciatore di coltelli che passava di lì per caso venne arrestato assieme a tutto il circo per possesso di arma impropria.
Si fecero blitz nelle stalle, si rubarono uova e provolone.
Parecchie timide giovinette ebbero finalmente l'occasione di conoscere qualche faccia nuova, un paio si fidanzarono.
Una madre di famiglia alla quale in seguito fu dedicata una piazza, distese un battaglione intero con una crostata andata a male. Gli atti d'eroismo si sprecarono, ma la guerra non accennava a scemare, anzi pareva che qualcuno ci avesse quasi preso gusto.
La sera dagli accampamenti, meste salivano le note malinconiche di vecchie ballate tradizionali e di karaoke, i cadetti preferivano però l'heavy metal, ma in ogni caso era tutto molto patriottico e profondamente sentito.
Celtigatti Ed ecco che a questo punto della storia ritornano in gioco da gran protagonisti, i gatti della Signora.
Al castello i viveri cominciavano a scarseggiare.
Le merendine e i lecca-lecca erano finiti da un pezzo e i bambini languivano digiuni davanti ai videogiochi. Il caffè brasiliano e il the verde erano introvabili, manco a peso d'oro, non vi dico poi la panna fresca, il torrone il panpepato, il panettone e l'uccello con l'uovo siciliano. Insomma la corte languiva e anche il popolo. Il piccolo bagno era sempre più disertato.
La Signora sensibile e attenta ai disagi della sua gente non poté più tollerare tanta dieta ipocalorica ed escogitò un piano.
Convocò il primo ministro, il secondo e il secondino. Si riunirono nell'aula magna attorno alla grande tavola rotonda nella zona ricevimenti assieme agli ufficiali, i diplomatici un'infermiera, un commercialista e un avvocato perché non si sa mai.
E così fu escogitato un piano di battaglia e una strategia.
Non ci sarebbero state vittime, solo qualche naso arrossato e un bel po' di allergie.
I gatti avrebbero salvato Ciaramellak. Un primo contingente composto esclusivamente da gatti maschi in calore adulti e strepitanti fu mandato di notte fra le retrovie a sabotare gli alloggiamenti aromatizzando brandine e divise.
Un secondo contingente composto da gattini ancora da latte, leggermente diarroici assalì le dispense e la cambusa rendendo inesorabilmente incommestibili strudel e panzarotti dei nemici.
Insomma fu una vittoria annunciata completa e clamorosa.
Ma la goccia che fece traboccare il vaso e issare la bandiera bianca al generale nemico fu l'inquinamento totale e irreversibile della sua annuale scorta di whisky irlandese.
I gatti, senza colpo ferire, conclusero valorosamente una guerra che l'uomo nella sua incapacità e insipienza aveva iniziato senza criterio alcuno.

La Signora dei gatti fu proclamata beata e si cominciò a parlare di miracoli ancora in vita, la pace tornò per sempre nelle verdi valli di Scozia. Le cornamuse intonarono l'ultimo successo degli 883, molte mani vennero strette, qualcuno nella mischia ne approfittò per fare manomorta alla vicina.
Il governo saggiamente, cambiò la legge sulle pensioni e con gran soddisfazione di tutti gli schieramenti abolì gli ultimi 6 mesi.
I sindacati esultarono, i ciabattini schiattarono…e vissero tutti felici e contenti.
Ah…! dimenticavo…il monastero era quello di San Giustino Scalzo.

M.J.M
1994